“Ca fàci trènta fàci trentùnu”
(Trad.
chi fa trenta fa trentuno)
Se
si arriva a contare fino a trenta si potrà contare anche fino a trentuno. Così
se si riesce a fare una certa cosa, facendo uno sforzo in più si riuscirà a
fare anche il passo successivo.
“Ca no pòlta no arréca”
(Trad.
chi non porta qualcosa, non riporta niente indietro)
Chi non ha determinate doti non ottiene niente. Pultà
significa portare da qualche parte; anche arricà significa portare, ma
nel senso di recare. Quando una cosa viene portata da una parte all’altra si
dice
l’àni
a lu pòlta e arréca;
un poltaearréca è invece una persona falsa, un pettegolo.
“Ca si pòni ascultèndi li sò màli
intèndi”
(Trad.
chi origlia, sente enumerare i propri difetti)
Chi
si sofferma ad origliare, con buona probabilità sentirà parlare male di sè.
“Ca vò ànda e ca no vò mànda”
(Trad.
chi vuole va, chi non vuole manda)
Chi
vuole veramente fare una cosa, e soprattutto la vuole fatta bene, la deve fare
direttamente; chi manda qualcun altro a fare qualcosa al suo posto corre sempre
il rischio che questi, invece di farla direttamente, ne faccia un’altra. Chi fa
da sé fa per tre.
“Ca
di l’angènu si èsti lèstru si ni spódda”
(Trad.
chi si veste della roba altrui se ne spoglia molto velocemente)
La
ròbba angèna è
la roba degli altri; angènu significa anche estraneo. Lèstru
significa sia veloce che velocemente. Chi si appropria di qualcosa che non gli appartiene,
se ne spoglierà presto perché il legittimo proprietario rivorrà indietro ciò
che gli appartiene.
“Cal’à
àccia à pàlti”
(Trad.
chi ha coraggio ha la sua parte)
Chi
ha faccia tosta, chi fa valere le proprie ragioni con un po’ di coraggio, avrà
la parte che gli spetta. L’àccia è l’audacia, il coraggio ma anche la
sfrontatezza. Aè àccia significa osare. La pàlti è una quota, una
parte; piddàssi la pàlti mànna significa
pretendere di avere ragione anche quando non si ha. Paltì significa
dividere, distribuire; fà li pàlti significa dividere, spartirsi.
“Ca móri piggjurìggja, ca càmpa
middurìggja”
(Trad.
chi muore peggiora, chi vive migliora)
Chi
è morto non ha più la possibilità di migliorare, mentre chi è in vita ha la
possibilità sia di guarire, che di cambiare la sua posizione o migliorare dal
punto di vista umano.
“Ca no à sòlti no vàli chi si ni
pésia chìzzu”
(Trad.
chi non è fortunato, non serve che si alzi presto)
Chi
non ha la sorte dalla propria parte può anche evitare di alzarsi presto, così
come di darsi da fare per qualcosa. Chìzzu significa “presto, di buon mattino”;
la màni chìzzu è la mattina presto; chizzulànu è un aggettivo che
indica una persona mattiniera.
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